H-ho

Ho  da avére v. tr. [lat. habēre] (pres. ho ‹ò› [radd. sint.; ant. àggio], hai ‹ài›, ha ‹a› [radd. sint.]; abbiamo [ant. avémo], avéte, hanno ‹ànno› [ormai disus. le grafie ò, ài, à, ànno]; pass. rem. èbbi, avésti, èbbe, avémmo [raro èbbimo], avéste, èbbero [ant. èbbono]; fut. avrò, avrài, ecc. [ant. averò, averài, ecc.]; condiz. avrèi [ant. averèi e avrìa], avrésti [ant. averésti], avrèbbe [ant. averèbbe e avrìa], ecc.; pres. cong. àbbia [ant. àggia], ecc.; imperat. abbi, abbiate; le altre forme della coniug. sono regolari). – 1. Esprime fondamentalmente l’idea del possesso, in senso proprio e fig., e tanto del possesso in atto quanto del possesso incipiente.

Fonte: https://www.treccani.it/vocabolario/avere2/

Questa prima persona singolare è l’incipit a qualsiasi azione dettata da pensieri disfunzionali. Da ho paura, ho fatto, ho corso, ho passeggiato, ho salito le scale, ho consumato. Preceduta dal non, diventa oggetto di azioni altrettanto disfunzionali: non ho mangiato, non ho bruciato (quanto avrei dovuto), non sono uscito.

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