Non pensiamoci troppo

Le anime in pena


Io non mi sento un’anima in pena, non sono un’anima in pena. Mi sento soffocare. Sono gli sguardi di disgusto e di disapprovazione che fanno male. Non parlo degli estranei. Queste persone ormai non mi fanno effetto. Però se lo sguardo arriva da chi condivide l’aria di uno spazio più piccolo allora la questione ahimè cambia. Ancor più se lo sguardo è accompagnato da parole severe, i giuste. È così che poi la teoria del sono sola trova ragion d’essere. Vi è mai capitato? Forse più spesso di quanto si immagini. Spesso, per trovare quasi un alibi IO a queste persone, ho cercato di convincermi che fosse la paura a fare parlare ed avere questo atteggiamenti. Invece no. Non si cerca un modo alternativo. È facile usare parole dure. È più difficile trovare una strada di moderazione. Una strada più comprensiva. Risultato? Quello che si ottiene è l’esatto opposto. E per chi soffre di un disturbo alimentare come il mio si amplia il circolo vizioso del senso di colpa e del senso di fallimento e la sensazione di voler sparire e di essere solo un contenitore da riempire domina costantemente ogni singolo pensiero.